Giordano Bruno
La filosofia della natura di Giordano Bruno
Giordano Bruno, sviluppando la teoria copernicana, afferma che l'universo è uno spazio senza limiti, costituito da infiniti mondi, e si identifica con Dio stesso. Quest'ultimo è, da un lato, il principio primo infinito, da cui non può che discendere un effetto infinito, dall'altro, l'anima del cosmo, che dall'interno informa e plasma la materia.
Si tratta di una visione panteista, in cui cioè Dio coincide con la natura nella sua totalità e creatività inesauribile. L'universo viene concepito come un unico grande essere animato e infinito, di cui gli enti, compresi gli uomini, non sono che singole manifestazioni. In esso tutto è centro e periferia al tempo stesso e ogni stella può essere un sole al centro degli altri universi.
Una conseguenza di questa teoria è che la terra e l'uomo sembrano non occupare più quel posto privilegiato che la tradizione aveva assegnato loro. Tuttavia, Bruno non considera la tesi dell'infinità dell'universo come "umiliante" nei confronti dell'uomo; anzi, per lui rappresenta una valorizzazione di tutti gli esseri e un'esaltazione della ragione umana in grado di cogliere l'illimitata potenza divina.
Questa nuova prospettiva conduce Bruno a celebrare la tecnica e lo spirito d'iniziativa dell'uomo. A questo proposito, il filosofo individua la differenza specifica dell'uomo rispetto agli animali nel possesso dell'intelletto e della mano; quest'ultima, in particolare, è lo strumento che consente non soltanto di manipolare gli oggetti, ma anche di ottenere una conoscenza piena. Per Bruno infatti, la capacità pratica e quella intellettiva non sono in contraddizione l'una rispetto all'altra, ma risultano entrambe fondamentali per la comprensione e la trasformazione delle cose in vista del progresso tecnico e scientifico. Si tratta di una concezione che rientra nella più ampia rivalutazione della natura, celebrata da Bruno come il vertice della conoscenza e dell'amore umano, in una straordinaria sintonia con il nuovo sentire naturalistico e scientifico di Copernico.
Giordano Bruno, sviluppando la teoria copernicana, afferma che l'universo è uno spazio senza limiti, costituito da infiniti mondi, e si identifica con Dio stesso. Quest'ultimo è, da un lato, il principio primo infinito, da cui non può che discendere un effetto infinito, dall'altro, l'anima del cosmo, che dall'interno informa e plasma la materia.
Una conseguenza di questa teoria è che la terra e l'uomo sembrano non occupare più quel posto privilegiato che la tradizione aveva assegnato loro. Tuttavia, Bruno non considera la tesi dell'infinità dell'universo come "umiliante" nei confronti dell'uomo; anzi, per lui rappresenta una valorizzazione di tutti gli esseri e un'esaltazione della ragione umana in grado di cogliere l'illimitata potenza divina.
Questa nuova prospettiva conduce Bruno a celebrare la tecnica e lo spirito d'iniziativa dell'uomo. A questo proposito, il filosofo individua la differenza specifica dell'uomo rispetto agli animali nel possesso dell'intelletto e della mano; quest'ultima, in particolare, è lo strumento che consente non soltanto di manipolare gli oggetti, ma anche di ottenere una conoscenza piena. Per Bruno infatti, la capacità pratica e quella intellettiva non sono in contraddizione l'una rispetto all'altra, ma risultano entrambe fondamentali per la comprensione e la trasformazione delle cose in vista del progresso tecnico e scientifico. Si tratta di una concezione che rientra nella più ampia rivalutazione della natura, celebrata da Bruno come il vertice della conoscenza e dell'amore umano, in una straordinaria sintonia con il nuovo sentire naturalistico e scientifico di Copernico.
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